GIUSEPPE BIANCO
MARCO GERONI
La parodontopatia, o parodontite è una patologia molto frequente, soprattutto dopo i 50 anni, che si manifesta maggiormente in soggetti fumatori, geneticamente predisposti e/o con scarsa igiene orale, e che può coinvolgere pochi elementi dentari o anche le arcate nella loro interezza.
Gianni si presenta alla mia osservazione per un problema di tipo parodontale. Aveva consultato più di uno specialista nel corso del tempo, senza mai riuscire a risolvere il problema, giungendo a soffrirne in maniera cronica, una condizione che esita nella perdita degli elementi dentari coinvolti con problematiche a livello funzionale ed emotivo.
Fig. 1 Il sorriso accennato di Gianni.
Fig. 2 La situazione in prima visita. Una riabilitazione del tutto incongrua, sia dal punto di vista tecnico che estetico.
Le terapie che aveva ricevuto, probabilmente, non erano state efficaci e le protesi che portava non erano definibili certamente un buon lavoro.
L’arcata superiore presentava un lungo splintaggio, fatto brutalmente con fil di ferro e resina liquida, che si è danneggiato negli anni, fratturandosi e subendo riparazioni continue. Uno splintaggio era presente anche sui denti anteriori dell’arcata inferiore, fatto da collega per migliorare la loro stabilità, compromessa dalla parodontopatia; questo tipo di trattamento non era conforme alle esigenze del paziente.
Fig. 3 Una visione dell’arcata superiore, da cui si notano bene il lungo splintaggio.
Fig. 4 L’arcata inferiore.
Fig. 5 L’ortopanoramica mostra i segni della parodontite generalizzata cronica, ovvero la perdita di attacco, il riassorbimento osseo e le recessioni. Sono inoltre ben visibili radio-trasparenze importanti in corrispondenza di alcuni apici dentali. Il sostegno ai denti è minimo o nullo.
Analizzando gli esami radiografici, ortopanoramica, full endorale e TC 3D eseguite presso la nostra struttura, abbiamo verificato la gravità della sua patologia, purtroppo molto aggressiva. L’attacco parodontale residuo, e cioè quell’insieme di strutture che tengono il dente legato all’osso, era minimo, quasi nullo in alcune zone. Le forcazioni degli elementi pluri-radicolati erano tutte esposte e questo denota un grado 3, che ne costituisce in alcuni casi un punto di non ritorno.
Abbiamo quindi concordato con Gianni un piano concreto che risolvesse il suo problema, proponendogli una riabilitazione implanto-supportata fissa su impianti di tipo Toronto Bridge a carico immediato.
Nelle due settimane precedenti all’intervento, abbiamo sottoposto Gianni ad una accurata terapia parodontale non chirurgica, con igiene professionale e istruzione al mantenimento domiciliare, come profilassi per ridurre il più possibile la carica batterica presente.
Il giorno dell’intervento, gli elementi dentari, sia per quanto riguarda l’arcata inferiore che l’arcata superiore, ormai compromessi, sono stati estratti. Abbiamo, quindi regolarizzato e pulito le strutture ossee per mezzo del Piezosurgery® con inserti piezo-chirurgici dedicati. L’inserimento degli impianti Biomet 3i a connessione esterna, sei sopra e cinque sotto, è stato effettuato immediatamente e in una sola seduta, grazie all’anestesia locale e alla sedazione, che ci permettono di lavorare senza far sentire nulla al paziente.
Fig. 6 L’ortopanoramica eseguita il giorno successivo all’intervento, appena dopo aver consegnato la protesi.
Il lavoro odontotecnico del mio amico Marco Geroni, col quale collaboro ormai da anni, è avvenuto in 24 ore, permettendoci di consegnare le protesi il giorno successivo.
Per il caso di Gianni abbiamo scelto una protesi in resina con un’anima in titanio che solidarizza al laser i monconi implantari e dunque gli impianti. Era importante ottenere la massima stabilità e una certa rigidità della struttura: questo permette di ridurre al minimo e quasi di annullare le micro-movimenti che le impianti possono subire nei primi mesi; queste costituiscono uno dei fattori di rischio per la mancata integrazione e stabilizzazione degli impianti all’interno dell’osso, il quale impiega un tempo relativamente lungo (dai 2 ai 6 mesi) per organizzare la propria struttura intorno alle spire implantari.
Fig. 7 La protesi superiore e la protesi inferiore (Fig.8) montate sui modelli da laboratorio, prima di essere consegnate. Sono ben visibili i fori per le viti di fissaggio agli impianti.
Fig. 8 La protesi inferiore sul modello.
Fig. 9 La situazione alla consegna.
Fig. 10 Un dettaglio della protesi superiore.
Fig. 11 Il sorriso di Gianni alla consegna.
Fig. 12 Il profilo destro.
Ecco il video in cui descrivo caso di Gianni. Puoi seguirlo in questa pagina o su YouTube.
Per altri video seguite il mio canale (Giuseppe Bianco – YouTube). Buona visione!
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